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L’aneurisma dell’aorta addominale

L’aneurisma (termine greco che significa dilatazione) dell’aorta addominale rappresenta la 14ª causa di morte nei pazienti industrializzati (in Italia ogni anno muoiono 6.000 persone per rottura dell’aorta) ed è direttamente proporzionale all’età con un rapporto uomini/donne di 4 a 1. Fattori predisponenti sono l’aterosclerosi parietale (almeno nel 90% dei casi), l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, fattori genetico-familiari ed il fumo.

L’evoluzione della dilatazione avviene in tre fasi: una fase iniziale pauci-sintomatica (riscontro clinico di massa addominale pulsante, dolore da distensione della parete); una fase di iniziale complicazione da fisurazione della parete con rapido aumento volumetrico della dilatazione; una fase di rottura con conseguente quadro clinico di emergenza con dolore intenso e shock emorragico.

La diagnosi di aneurisma dell’aorta addominale va fatta nella fase iniziale, paucisintomatica, con una semplice ecografia dell’addome valutando con attenzione il diametro del vaso, in quanto la dilatazione rappresenta l’indicazione principale all’intervento chirurgico.

Il primo intervento chirurgico per aneurisma dell’aorta addominale risale al 1888 da parte di Matas che effettuò la chiusura di una lesione della parete del vaso; nel 1948 Ren propose di avvolgere l’aorta dilatata con il cellophane per indurre una fibrosi per limitarne l’evoluzione. Solo nel 1960 Dotter utilizzò l’impianto di una protesi all’interno del lume dell’aorta addominale e nel 1970 Parodi impiantò la prima endoprotesi aortica. A tutt’oggi l’intervento chirurgico consigliato è quello endovascolare (Endovascular Abdominal Aortic Aneurysm Repair definito con l’acronimo EVAR) in quanto meno invasivo e con tassi di morbilità e mortalità perioperatoria significativamente ridotti rispetto alla chirurgica tradizionale.

Tecniche diagnostiche nel monitoraggio post-operatorio

Secondo il registro EUROSTAR (European Stent-Graft Tecniques for Abdominal Aortic Aneurirysm Repair) il protocollo previsto era di eseguire l’Angio-TAC con mezzo di contrasto dopo 1, 6, 12, 18, 24 mesi dopo EVAR e poi una volta l’anno per almeno cinque anni. Tale protocollo è ormai superato per le complicanze legate all’utilizzo del contrasto radio-iodato dannoso per la funzionalità renale, alle problematiche di radioprotezione per le dosi di esposizione alle radiazioni ionizzanti ed all’impatto sulla spesa sanitaria.

La SICVE (Società Italiana di Chirurgica Vascolare ed Endovascolare) ha pertanto indicato un nuovo protocollo che prevede l’angio-TAC ad 1 ed a 12 mesi. Purtroppo, probabilmente anche per i controlli particolarmente distanziati nel tempo, IEVAR è inficiata da una percentuale di re-interventi del 10% l’anno. È stata indicata la possibilità di intervallare i controlli angio TAC con:

  • lo studio ecografico ecocolor Doppler, ma la sua accuratezza ed affidabilità è inficiata da molti limiti tecnici legati alla costituzione fisica del paziente ed alla presenza del meteorismo intestinale;
  • RMN con mezzo di contrasto, ma non è eseguibile in pazienti portatori di endoprotesi con stent in acciaio o leghe magnetizzabili.

Negli ultimi anni nei protocolli di controllo è stato proposto l’utilizzo dell’ecografia con mezzo di contrasto in quanto rappresenta una tecnica affidabile, non condizionata dal materiali utilizzati in sede intraoperatoria, priva di effetti collaterali, ripetibile ed a basso costo.

L’ecografia con MDC o CEUS (argomento di precedente articolo) rispetto alla angio-TAC fornisce oltre ad una valutazione morfologica anche un’informazione emodinamica in tempo reale sulla presenza del flusso ematico all’interno del lume protesico e sulla direzione dello stesso. La CEUS pertanto ha possibilità di valutare in real-time:

  • il corretto posizionamento e funzionamento dell’endoprotesi;
  • la sua esclusione completa dal circolo sanguigno(condizione fondamentale per la stabilità dell’aneurisma nel tempo);
  • la pervietà dei vasi renali ed iliaci la valutazione delle complicanze (endolesk): in studi recenti è stato dimostrato che la CEUS presenta un’accuratezza diagnostica per gli endoleak simile all’angioTAC ed alla RMN, secondo alcuni con maggiore performance per quelli “a basso flusso”.

Pertanto secondo le nuove linee guida della SICVE del 2016 (raccomandazione 5.43) dopo EVAR è indicato un controllo mediante imaging entro un mese e poi controllo nel tempo in base alle caratteristiche del singolo paziente seguendo protocolli individualizzati allo scopo di ridurre al minino gli esami radiologici e l’uso del contrasto iodato.

Uno studio olandese (circa 300 casi) conclude che il controllo angio TAC immediato/precoce post EVAR non influisce sull’evoluzione successiva e può essere omesso nei casi con procedura operatoria regolare.
Nuovo protocollo di “base”:

  • alla dimissione esame radiologico diretto con eco-color Doppler;
  • a 6 mesi CEUS – se la CEUS evidenzia la presenza di complicanze con significativa crescita della sacca aneurismatica angio TAC con eventuale re-intervento;
  • a 12 mesi angio-TAC;
  • in seguito CEUS annuali.

I limiti della CEUS corrispondono sostanzialmente a quelli della metodica ecografica, cioè la stretta dipendenza dall’esperienza dell’operatore e la costituzione fisica del paziente.

Cita l'articolo
Monaco L. L’aneurisma dell’aorta addominale [Internet]. 2023 Gen [cited 2024 Jul 27]. Available from: https://www.guarinolab.it/blog/laneurisma-dellaorta-addominale/