Patologie complesse, la diagnosi affidata alle nuove tecniche ecografiche
Negli anni ’60 Karl Theodore Dusik introduce l’ecografia in ambito clinico: da allora l’ecografia ha avuto una crescita esponenziale grazie alle caratteristiche proprie della metodica, cioè il basso costo, l’immediatezza della diagnosi e l’innocuità.
La vera metamorfosi dell’ecografia inizia alla fine degli anni ’80 con l’avvento della tecnica Doppler per lo studio vasale qualitativo ma anche quantitativo, nasce così una diagnostica meno soggettiva.
L’ecografia raggiunge il suo massimo sviluppo tecnologico alla fine degli anni ’90 con la CEUS e con l’elastosonografia CEUS (Contrast-Enhanced Ultrasound).
È una tecnica che abbina l’immagine ecografica tradizionale a quella dopo infusione per via endovenosa di mezzo di contrasto, con lo scopo di esaltare la micro-vascolarizzazione degli organi.
Il mezzo di contrasto è costituito da microbolle contenenti gas di dimensioni molto piccole in modo da poter superare la barriera del circolo polmonare e raggiungere tutti gli organi. II gas viene eliminato attraverso il respiro e viene definito fisiologicamente innocuo.
L’esecuzione della CEUS avviene in ambito ambulatoriale, al paziente viene richiesto solo il digiuno di otto ore dall’esame (come una semplice ecografia dell’addome). La CEUS nasce per lo studio delle lesioni a focolaio del fegato, ma attualmente i campi di applicazione sono diversi e riguardano sia organi addominali che strutture superficiali.
Indicazioni alla CEUS:
- Lesioni a focolaio del fegato, pancreas, milza, rene e testicoli;
- Valutazione delle cisti complesse renali secondo classificazione di Bosniack;
- Valutazione delle lesioni traumatiche del fegato, della milza e dei reni;
- Valutazione dopo intervento chirurgico di endoprotesi dell’aorta addominale (EVAR);
- Valutazione dell’ileo distale per la diagnosi di attività di malattia e per diagnosi differenziale tra stenosi intestinale su base flogistica o fibrotica;
- Valutazione della flogosi articolare.
Quando sembrava che lo sviluppo tecnologico avesse raggiunto i suoi limiti nel 2000 nasce una nuova tecnica che analizza la visco-elasticità dei tessuti, l’elastosonografia strain, e nel 2010 l’elastosonografia strain shear wave che analizza l’elasticità del fegato.
L’elastosonografia
L’elastosonografia permette la valutazione in modo diretto dell’elasticità dei tessuti e si basa sul presupposto che le patologie in particolare di tipo tumorale determinano un cambiamento della rigidità tessutale. La valutazione dell’elasticità di un tessuto diventa pertanto un basilare per la caratterizzazione di una lesione.
L’elastosonografia strain valuta in modo qualitativo l’elasticità dei tessuti superficiali: tiroide, mammella, osteoarticolare, cartilagine, collagene del derma e testicoli permettendo di identificare la presenza di aree di rigidità significative per lesioni maligne; inoltre ha un’alta sensibilità e specificità nel carattterizzare strutture in fase flogistica e strutture liquide (versamenti articolari, raccolte). Una nuova applicazione di tale tecnica è lo studio per via endorettale delle lesioni nodulari a carico della porzione periferica della prostata.
L’elastosonografia Shear Wave studia il parenchima epatico definendo in modo quantitativo (cioè indicando un valore numerico) il grado di rigidità. La stadiazione di un’epatopatia, quale ne sia la causa, è momento diagnostico essenziale per formulare correttamente la prognosi e definirne la più idonea strategia terapeutica necessaria ad impedirne l’evoluzione verso la cirrosi. La migliore risorsa diagnostica per definire l’entità del danno fibrocicatriziale che accompagna le forme più severe di epatopatia cronica è la biopsia epatica: purtroppo tecnica invasiva, non scevra di complicanze e pertanto da praticare in ambito ospedaliero.
L’elastosonografia epatica ha il compito di ridurre la necessità di eseguire la biopsia in quanto permette di “pesare” l’effettiva entità del danno cicatriziale dovuto all’epatopatia cronica, indicando un valore numerico che viene rapportato al grado di danno cicatriziale del fegato. L’esame è del tutto innocuo e richiede solo il digiuno.
Conclusioni
Oggi la diagnosi di patologie complesse si ottiene grazie all’integrazione di diverse informazioni soggettive e di dati numerici oggettivi, cioè grazie all’analisi multiparametrica, ottenute con apparecchiature ecografiche di alto livello, dotate delle più avanzate soluzioni tecnologiche.
Cita l'articoloMonaco L. Patologie complesse, la diagnosi affidata alle nuove tecniche ecografiche [Internet]. 2023 Apr [cited 2024 Dec 11]. Available from: https://www.guarinolab.it/blog/patologie-complesse-la-diagnosi-affidata-alle-nuove-tecniche-ecografiche/